Girava per le strade e paesi cercando il lavoro a domicilio: quello appunto di riparare i paròi (paioli) della polenta e del bucato, pentole di rame di varie dimensioni, dal paroléto per bollire il latte, ai giganteschi paròi de la lissia (del bucato) a quelli usati quando si broàva el mas-cio (si scottava la pelle del maiale ucciso per toglierne le setole.
Sui fondi da rifare applicava esternamente, con una battitura circolare, una toppa di rame imbullonata con i rebatìni (ribattini).
L’interno del paròl veniva stagnato per ragioni igieniche ed el tacòn esterno (rappezzo) si copriva presto di fuliggine che lo rendeva invisibile.
Gli arnesi da lavoro del paruloto erano varie forme di martello per battere il paiolo sia all’interno che all’esterno.
Esperti paruloti erano gli zingari, abili anche nella fusione del rame e nella forgiatura di manufatti per vari usi: forchette, mestoli, stampi per dolci, boccali e pentolame.
