Le careghe erano di legno piuttosto grezzo con la seduta di paglia intrecciata che con l’uso assiduo, a poco a poco, si mollava e faceva “la cuccia” adattandosi al “fondo” di colui che la usava abitualmente.
Esistevano anche i caregoni, piccoli e alti con una stecca davanti che si agganciava, su cui venivano collocati i bambini piccoli, e i caregoti dalla seduta larga con i braccioli, su cui di solito sedevano gli anziani vicino al fuoco o sulla soglia di casa. C’erano le careghine e le careghete, piccole sedie da casa per vari usi, careghe in chiesa, all’osteria, dal barbiere, finché “el sentarin” (il sedile), si sfondava, si sfilacciava…
A questo punto c’era bisogno del caregar, che girava per i paesi in determinati periodi dell’anno. Egli portava con sé tutto quello di cui aveva bisogno: una careghina (piccola sedia) senza spalliera per potersi sedere a gambe larghe e ginocchia aperte, un fascio di schianze, erbe palustri secche molto resistenti, gialle o verdastre, un coltello a roncola e una specie di piolo di legno.
Sul sagrato della chiesa si allineavano le sedie da riparare, altre ne portavano le donne dalle case vicine e il lavoro cominciava con alacrità e precisione. A colpi sicuri di coltello venivano tolti i sedili sfondati, poi el caregaro intrecciava una manciata di paglia, la attorcigliava con altre 3-4 manciate e cominciava a tendere l’ordito a croce fra i quattro lati, fissandola con dei nodi. Quindi tesseva una serie di raggi che convergevano o al centro o paralleli sulle diagonali, aiutandosi col punteruolo e tirando con le mani. Alla fine la carega sembrava ritornata nuova.
Per le sedie più ricercate talvolta il rivestimento veniva fatto con paglia lucida di rafia bianca.
da “Arti e Mestieri – Conosci la tua Provincia – Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno 1975-76