La parola greca Koimeterion indicava un luogo dove ci si poteva riposare dalle fatiche, un dormitorio, anche eterno, come il luogo che nel mese di Novembre diventa meta di molte visite alla ricerca dei nostri cari defunti: il cimitero.

Il primo cimitero cittadino a Bovolone fu costruito dove attualmente sorge il duomo di San Giuseppe, al centro del paese, vicino alla chiesa dedicata ai santi Fermo e Rustico e, poi, a San Biagio; a quel tempo, tuttavia, come ancora visibile all’interno dell’oratorio, era pratica normale seppellire i personaggi importanti della città, religiosi o civili, all’interno della struttura, in modo che chiunque passasse di lì potesse fermarsi a ricordarli e onorarli. Con l’arrivo dell’impero napoleonico, che estese il suo dominio anche nel nord Italia, nel 1804 venne approvato l’Editto di Saint Cloud, detto “Decreto imperiale sulle sepolture”, il quale stabiliva che le sepolture avvenissero in spazi al di fuori delle mura delle città, o del centro del paese, in luoghi aperti. Qui a Bovolone, prima del passaggio agli austriaci avvenuto nel 1815, nel rispetto dell’editto, si iniziò quindi a costruire un cimitero nuovo vicino all’antico Santuario della Madonna della Cintura, da sempre meta di molti pellegrinaggi, da anni purtroppo abbandonato dopo i furti dei soldati francesi. Quel che era un paesino di 2500 persone aveva il suo cimitero nuovo, più ampio rispetto a quello del centro (che dal 1844 avrebbe fatto posto alla nuova chiesa parrocchiale secondo il desiderio dell’Arciprete Don Filippo Accordi), e pronto ad accogliere alcune delle tombe di famiglia dei personaggi più importanti, come quella dell’eroe di guerra Franco Cappa.

Insieme al boom economico, la città ebbe un’ottima crescita demografica e per far spazio alle continue richieste di un luogo dove far riposare i propri cari, vennero iniziati i lavori per il nuovo cimitero. La struttura, essenziale nelle forme e in cemento armato, si estende per un ampio spazio e su due livelli, ospitando sia tombe di famiglia che sepolture singole e loculi, come quella del poeta Mario Donadoni.
Tra i due cimiteri si svolge la processione del 1° Novembre, uno dei riti cittadini più importanti per ricordare i nostri defunti e pregare per le loro anime. Dopo un iniziale momento nel cimitero più antico, con la benedizione della struttura, ci si incammina, recitando il rosario, verso il cimitero nuovo, dove si ascolteranno le sacre letture del giorno, si pregherà insieme e si benediranno le tombe.
C’è anche un altro rito, a cui sono particolarmente legato, diffuso nei giorni dei morti, cioè quello di lasciare, nella notte tra il 1° e il 2 Novembre, la tavola della cena imbandita, pronta ad accogliere le anime dei miei defunti che verranno a visitarmi durante la notte: quanto ero bambino preparavo sempre un posto per ognuno dei nonni nella speranza, e certezza, che sarebbero venuti a trovarmi e mi avrebbero accompagnato fino al giorno del nostro incontro.
Emanuele De Santis