Molto discussa la figura di Cesare Battisti: da alcuni considerato un eroe, da altri un traditore e una spia. Fatto sta che fu fatto impiccare dagli Austriaci nel Castello del Buonconsiglio a Trento.

Cesare Battisti e Fabio Filzi, prigionieri
Patriota irredentista, politico socialista, Cesare Battisti, austriaco di nascita, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, pur essendo cittadino asburgico, aveva deciso di andare a combattere indossando l’uniforme italiana, per portare il confine italiano al Brennero. Già nel 1911, convinto di far valere la causa trentina combattendo all’interno dell’Impero austro-ungarico, si era fatto eleggere deputato al Reichsrat, il Parlamento di Vienna. E nel 1914, subito dopo lo scoppio della Grande Guerra, aveva svolto un’intensa opera di propaganda, anche su giornali e riviste, a favore dell’intervento dell’Italia.
All’entrata in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915, Cesare venne subito inquadrato nel Battaglione Alpini Edolo e successivamente, per meriti bellici, fu promosso ufficiale al Battaglione Vicenza del VI Reggimento Alpini, operante sul Monte Baldo e sul Pasubio. Il 10 luglio 1916 il suo battaglione, di cui faceva parte anche Fabio Filzi, fu decimato dai Kaiserjäger austriaci (letteralmente “Cacciatori imperiali”, reparto di fanteria leggera dell’esercito imperiale austro-ungarico), mentre tentava di riconquistare il Monte Corno di Vallarsa, occupato dagli Austriaci. Battisti e Filzi vennero fatti prigionieri e condotti in carcere a Trento.

Cesare Battisti viene condotto al Buonconsiglio
Dopo un processo sommario che non gli concesse nemmeno una difesa di fiducia, né la possibilità di scrivere un’ultima lettera alla famiglia, il 12 luglio Cesare Battisti venne condotto al Castello del Buonconsiglio attraverso tutta la città, in catene, a bordo di un carretto circondato da soldati austriaci. Al suo passaggio i cittadini di Trento gli lanciavano sputi, polvere e zolfo soffiati con un mantice, e i più violenti ed infamanti insulti: Hund (cane), Canaille. Anche sulla stampa locale venne definito “vigliacco, traditore dei suoi e dai suoi tradito”.

“Foto ricordo” con l’impiccato
Prima di essere impiccato respinse l’accusa di tradimento e chiese, in segno di rispetto alla divisa che indossava, di essere fucilato. Ma la sua richiesta venne respinta, perché per i disertori e i traditori l’impiccagione era la “giusta” fine. Sul patibolo eretto nella fossa della Cervara sul retro del Castello, Cesare Battisti ribadì la sua perenne fede all’Italia e urlò al boia e ai numerosi spettatori: “Viva Trento italiana, viva l’Italia!”
A riprova della volontà di vendetta e dell’accanimento austriaco nei suoi confronti, c’è da rilevare il fatto che il boia Josef Lang, chiamato da Vienna ancor prima che fosse istituito il processo, aveva portato con sé due corde: la prima, evidentemente, già danneggiata, si ruppe subito, prolungando così l’agonia del povero Cesare, che si vide avvolgere attorno al collo un secondo cappio per poter finalmente morire. Quella stessa sera anche Fabio Filzi venne impiccato.

Il boia viennese, raggiante, mostra alla folla il cadavere di Battisti
Oggi, a un secolo dalla morte di Cesare Battisti, il dibattito attorno alla sua figura è ancora molto acceso e continua a dividere, soprattutto in Trentino, una terra che fu territorio austriaco fino al 1918. Da una parte gli alpini italiani lo celebrano come un eroe, dall’altra gli Schützen di lingua italiana e di nostalgia asburgica, lo considerano un traditore e un socialista rinnegato: “traditore” perché lui, durante la guerra, sui movimenti austriaci, ne sapeva più dei servizi segreti di Roma; “socialista rinnegato” perché, a differenza di quanto predicava il pensiero socialista, egli sostenne con fervore l’interventismo, tuonando a favore della guerra per riportare il Trentino entro i confini italiani, confondendosi con i peggiori nazionalisti, al grido di “Ora o mai più!” E questo nonostante la guerra, in corso da un anno nel resto d’Europa, si fosse già rivelata uno spietato tritacarne di dimensioni apocalittiche.
Resta ancora difficile mettere a fuoco la sua figura, come rimane difficile scordare le immagini di questo eroe che si avvia verso il patibolo, o quel dissacrante “santino” appeso al palo dopo l’impiccagione, in cui lo si vede penzolare accanto a un boia ghignante nella sua elegante bombetta.
Altrettanto difficile è dimenticare che 60000 soldati trentini hanno combattuto e sono morti in quella guerra indossando la divisa austriaca.
Certamente sulla memoria di Cesare Battisti “martire o traditore”, la storia continuerà a spaccarsi ancora a lungo in questa terra contesa.
tratto da Rita Caberlin, La primavera delle ragazze, Andersen, Novara, 2017
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