C’era una volta… non è una favola ma il racconto di un dicembre contadino di tempo fa. In un’epoca appena passata la vita e l’economia erano principalmente agricole. Tutto girava nella corte rurale. Le famiglie erano unite tra di loro ed il lavoro e la vita quotidiana si svolgeva in armonia. Non vi erano distrazioni di sorta e le famiglie patriarcali erano regolate ed amministrate dai genitori e tutti collaboravano alla vita di ogni giorno. Così in dicembre, dopo aver provveduto alle semine dei campi e sistemati gli attrezzi sotto i portici, gli uomini provvedevano ai lavori di corte. Una operazione era la revisione degli attrezzi agricoli: forche, badili, zappe, rastrelli ed altro. Inoltre si costruivano le scope in saggina per la stalla e la corte ed in melega per la casa. Si provvedeva poi al taglio (scalva) ogni tre anni dei pali degli alberi e alla sradicatura (banca) degli stessi per farne assi o legna da ardere. Ogni anno, una riva a turno dei fossi della campagna. I pali ed i tronchi venivano portati in corte e poi ridotti in pezzi, a misura di focolare. La legna era l’unica fonte di calore per cuocere le vivande e riscaldarsi al camino. Una parte della legna doveva essere riservata per il padrone della campagna.
Dicembre era anche il tempo di avvenimenti importanti, da ricordare la festa di Santa Lucia che portava doni per i bambini. Ma primo tra tutti, per importanza, era il Natale. Le feste natalizie non impegnavano tutto il mese ma un solo periodo intorno alla festività della Natività di Gesù. Tutti partecipavano alle celebrazioni religiose e in famiglia veniva allestito, in un angolo della casa, un piccolo presepio fatto con tronchi di legna a figurare le montagne, un laghetto raffigurato con uno specchio, un ruscello fatto con la carta stagnola, una grotta, stradine di ghiaia e muschio raccolto in riva ai fossati in campagna. Poi le statuine, il castello di Re Erode, alcuni casolari, i pastori con il gregge e la pentola sul fuoco. Infine si poneva nella capanna la Madonna e San Giuseppe con il Bambino Gesù adagiato nella greppia ed il bue e l’asinello a riscaldare l’ambiente. Davanti alla grotta i pastori ed in lontananza i Re Magi in procinto di arrivare ad adorare il Bambino. Un particolare importante: il Bambino Gesù veniva posto nella mangiatoia solo nel giorno di Natale.
Il Natale era anche l’occasione per fare festa in famiglia. Infatti dopo aver partecipato alla Santa Messa del mattino nella chiesa parrocchiale ed aver visitato il grande presepe, allestito nella chiesa, si imbandiva la tavola con la tovaglia più bella per pranzare tutti insieme gustando i prelibati cibi che le brave donne di casa avevano con cura preparato. Nel pomeriggio tutti alle SS. Funzioni in chiesa e poi a passeggio in piazza.
Ma in dicembre arriva anche l’inverno e con esso anche il freddo, la neve, il ghiaccio, le strade inagibili. L’atmosfera e l’ambiente con la campagna innevata erano nei giorni di sole un incanto, ma il forte freddo pungeva e molto spesso, di solito di sera, alla luce di una lanterna, ci si riuniva col vicinato in stalla dove si poteva godere di un bel tepore e fare filò in allegria.
Altro evento dicembrino, con l’arrivo del freddo, era la macellazione del maiale, allevato nelle famiglie contadine. Con la carne si confezionavano i salami da conservare in pignatta sotto onto per il companatico del prossimo anno. La macellazione era tutto un programma, un rito particolare. Con la collaborazione del vicinato si provvedeva a tutta l’operazione, ma la cerimonia più attesa era quella dell’assaggio del tastasal. L’assaggio doveva calibrare la giusta salatura della pasta del salame. Al termine di tutta l’operazione non poteva mancare un gustoso risotto per tutti con ovviamente il ragù di tastasal. Un rito, una festa.
I tempi, il progresso e i modelli di vita sono cambiati, ma il messaggio ed il valore delle tradizioni speriamo sia rimasto affinché non vadano perduti ma servano ad esempio per il futuro.
Luigino Massagrandi, da “la rana”, dicembre 2017, p. 13